Sempre un villaggio, sempre una campagna mi ride al cuore (o piange), Severino: il paese ove, andando, ci accompagna l'azzurra vision di San Marino: sempre mi torna al cuore il mio paese cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta. La' nelle stoppie dove singhiozzando va la tacchina con l'altrui covata, presso gli stagni lustreggianti, quando lenta vi guazza l'anatra iridata, oh! fossi io teco; e perderci nel verde, e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie, gettarco l'urlo che lungi si perde dentro il meridiano ozio dell'aie; mentre il villano pone dalle spalle gobbe la ronca e afferra la scodella, e 'l bue rimina nelle opache stalle la sua laboriosa lupinella. Da' borghi sparsi le campane in tanto si rincorron coi lor gridi argentini: chiamano al rezzo, alla quiete, al santo desco fiorito d'occhi di bambini. Gia' m'accoglieva in quelle ore bruciate sotto l'ombrello di trine una mimosa, che fioria la mia casa ai di' d'estate co' suoi pennacchi di color di rosa; e s'abbracciava per lo sgretoalto muro un folto rosaio a un gelsomino; guardava il tutto un pioppo alto e slanciato, chiassoso a giorni come un birichino. Era il mio nido: dove immobilmente, io galoppava con Guidon Selvaggio e con Astolfo; o mi vedea presente l'imperatore nell'eremitaggio. E mentre aereo mi poneva in via con l'ippogrifo pel sognato alone, o risonava nella stanza mia muta il dettare di Napoleone; udia tra i fieni allor falciati de' grilli il verso che perpetuo trema, udiva dalle rane dei fossati un lungo interminabile poema. E lunghi, e interminati, erano quelli ch'io meditai, mirabili a sognare: stormir di frondi, cinguettio d'uccelli, riso di donne, strepito di mare. Ma da quel nido, rondini tardive, tutti tutti migrammo un giorno nero; io, la mia patria or e' dove si vive; gli altri son poco lungi; in cimitero. Cosi' piu' non verro' per la calura tra que' tuoi polverosi biancospini, ch'io non ritrovi nella mia verzura del cuculo ozioso i piccolini, Romagna solatia, dolce paese, cui regnarono Guidi e Malatesta; cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta. travaglini manilo per giovanni pascoli

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